Questo racconto è stato premiato al Premio letterario Nazionale Giovane Holden edizione 2018 e al Premio Letterario Internazionale Marchesato di Ceva.
Autopsia a Ponterotto.
“Questa non ci voleva proprio!”
Il vice brigadiere Girolamo Lopulo era arrabbiatissimo.
Una volta, la prima e unica volta che restava solo al comando della caserma di Ponterotto, ci scappava il morto ammazzato. Incredibile! A memoria d’uomo non vi era stato un delitto nel paese da almeno cento anni, persino durante la seconda guerra mondiale, il posto era stato evitato dai partigiani e quindi di nessun interesse per le brigate nere e i tedeschi.
Era un venerdì con il cielo tanto scuro che quasi non si vedeva la pioggia cadere a catini.
Lopulo la pioggia la sentiva, infatti, era tutto bagnato come se fosse caduto vestito nel fiume, la divisa invernale era diventata una coperta zuppa d’acqua, che avrebbe impiegato almeno tre giorni ad asciugare.
“ Accidenti! Accidenti e accidenti!”
Si ripeteva mentalmente con le scarpe di ordinanza immerse nel fango.
“Girolamo non è un investigatore, ma un semplice vice brigadiere in forza a questa piccola caserma e con la responsabilità di due colleghi e di un territorio troppo vasto.”
Lopulo Girolamo amava pensare, di se stesso, in terza persona chiamandosi per nome, un vizio, o un vezzo, che aveva ereditato da sua nonna, Girolama, donna simpatica ma molto stravagante.
La caserma di Ponterotto serviva quattro paesi distanti tra loro più di dieci chilometri, il comandante di stazione, maresciallo Tambone Tazio, era andato al matrimonio della figlia che si sposava al paese in Sicilia, il suo secondo, brigadiere Martino Mario, aveva accompagnato la moglie, poveretta, che doveva fare analisi indaginose per il brutto male che aveva dentro.
Lui, Lopulo, era l’unico graduato presente e quindi responsabile della stazione, per questo era stato chiamato d’urgenza nel campo di Pinuccio Sacco dove, a dire del contadino, era sbucato un cadavere di donna, capelli lunghi, gonna, collant, il viso immerso nel fango e con un buco nella schiena tanto grosso che ci poteva passare una pallina da Pingpong.
Già, oltre all’Arma, Girolamo aveva una sola passione: giocare a Pingpong.
“Adesso, con questo impiccio, chissà quando Girolamo potrà giocare.”
Pensava il brigadiere, vice, preoccupato dalla partita che aveva programmato per la sera, con il farmacista che si considerava un vero asso del “Tennis da tavolo”, come lo chiamava lui che era dottore.
Decise di lasciare il carabiniere semplice, Gaetano Gaeta, a presidiare il posto, con preciso ordine di non allontanarsi nemmeno di un metro, salì rapido sulla campagnola blu per tornare in caserma e telefonare al comando di zona, voleva sbolognare la patata bollente ai suoi superiori.
“Giusto così! Loro hanno studiato, sono marescialli se non addirittura ufficiali e gestiranno la morta come si deve. Non toccava certo a lui, vice brigadiere, investigare su un probabile assassino.”
Girolamo era sempre più arrabbiato, mentre l’auto arrancava scivolando nelle stradine piene di fango, inoltre gocciolava acqua dal tettuccio di tela che il maresciallo non aveva voluto fare riparare.
“ Non chiederò nulla, tantomeno soldi, al comando in momenti così difficili. ” Era la solita frase che Tambone declamava tutte le volte che non aveva voglia di fare una cosa.
Arrivato in ufficio, il vice brigadiere, telefonò al comando per riferire a un superiore.
La sua voce, rotta dall’emozione e distorta dal dialetto, incontrò quella del maresciallo Pinuccolo.
- Vice brigadiere! Non si capisce nulla! Si calmi e ripeta tutto dall’inizio.
Tuonò nella cornetta il Pinuccolo che non conosceva Lopulo, ma comprese subito che non aveva a che fare con un tipo molto sveglio. In qualche modo Girolamo raccontò il fatto, insistendo sulla richiesta d’intervento di un superiore per gestire la cosa che si presentava complicata. Il maresciallo rispose che non poteva lasciare la caserma e raggiungerlo a Ponterotto. Non vi erano elementi sufficienti per giustificare il viaggio che oltretutto si presentava difficoltoso a causa del maltempo che imperversava in zona. Doveva operare da solo, nel migliore dei modi, per poi mettere tutto nelle mani del suo diretto superiore, quando rientrato dalla Sicilia.
- Anche se la ricostruzione dell’accaduto è poco chiara, ammettiamo che il morto ci sia, per prima cosa chiami il medico condotto, che faccia un rilevamento sul posto e poi far trasferire la salma in un luogo fresco e asciutto, meglio… si faccia consigliare dal dottore. Dopo, tramite documento, in mancanza di questo o di altri indizi come i vestiti o qualcuno che la conosceva, cerchi di scoprire l’identità della morta. Ha capito i miei ordini?
- Signorsì. Vado subito.
“Facile per lui comandare, adesso tocca al povero Girolamo disturbare il dottor Veroni, quello non è un tipo facile. Si arrabbia subito, a quest’ora, starà facendo sicuramente ambulatorio, con il cavolo che mi seguirà.”
Ovviamente il medico, impegnato con pazienti che presentavano, quasi tutti, i sintomi di malattie causate dal freddo o dalla vecchiaia, mandò al diavolo il povero Girolamo. Il dottore non aveva certo voglia di uscire, sotto quella pioggia, per seguire il Lopulo in un campo chissà dove. Il brigadiere ferito nell’orgoglio e forte dell’ordine che aveva ricevuto, non mollò la presa.
- Dottore lei è facente le funzioni di medico legale e la sua presenza è indispensabile per certificare la morte della povera donna uccisa.
Alla parola “uccisa” il dottore cambiò espressione, omicidio significava una probabile autopsia.
Da sempre, Luca Veroni, sognava di eseguire un’autopsia, aveva persino frequentato, dopo la laurea, un anno di specializzazione in medicina legale, corso che aveva dovuto abbandonare, su pressione della madre che, tramite solide amicizie, gli aveva procurato una condotta in un importante località di villeggiatura.
Il medico, una volta raggiunta la condotta, scoprì che in realtà non era un’amena zona turistica ma un posto anonimo e lontano da tutto, ma a quel punto fece buon viso. Il dottore era un poco vanesio e quando comprese che nel paese, nel quale aveva intravisto giovani e belle donne, i notabili più importanti erano il sindaco, il maresciallo dei carabinieri e il medico condotto, prese gusto alla nuova sistemazione, si fece piacere il posto e il lavoro. Una volta, anni addietro, era andato vicino a un’autopsia quando Antonio, il sacrestano, stava soffocando. Lui, impegnato fuori paese, non era potuto intervenire prontamente.
Al suo arrivo il poveretto sembrava già morto, il viso gonfio, la lingua fuori, ma poi, quasi per miracolo disse il parroco, un conato, un colpo di tosse e il chicco d’uva che ostruiva la trachea saltò fuori e con lui sparì anche la possibilità di fare un’autopsia, che il Veroni aveva già preventivato per chiarire il motivo della morte.
Il medico piantò in asso i pazienti, che numerosi affollavano il corridoio dell’ambulatorio e infilatosi gli stivali, una cerata e un cappello a larga tesa, seguì Girolamo.
La campagnola sembrava non farcela contro quella pioggia violenta e infinita, le quattro ruote motrici faticavano per avere la meglio di quei tornanti ripidi e fangosi. Il medico cercava di accendersi l’ennesimo mezzo toscano ma la pioggia, che s’infiltrava dal tetto dell’auto, dispettosa, spegneva uno dopo l’altro gli zolfanelli del medico.
- Chi è la morta?
- Questo è quello che il maresciallo mi ha detto di scoprire e cercherò di farlo… se posso.
- Il maresciallo è già tornato dalla Sicilia?
- No! Un altro maresciallo, uno del comando di zona.
- Perché coinvolgere il comando … così poi si prendono loro l’indagine. Un peccato perdersi un evento così raro per il nostro paese. Lasci perdere Lopulo, lei indaghi e poi riferirà a Tambone al suo rientro.
Il medico voleva che la cosa non passasse ad altri che potevano disporre in modo diverso per l’autopsia.
Appena girato il corpo e ripulito il viso, il medico sentenziò che la morta non era una morta, ma un morto vestito da donna, il dubbio lo aveva avuto anche il carabiniere Gaeta che aveva visto spuntare qualcosa d’inatteso sotto la gonna che indossava il cadavere.
Sconsolato il brigadiere, vice, si sentiva sempre più vittima degli eventi.
“Accidenti! Accidenti! Non solo un delitto ma roba da degenerati… roba di sesso e magari chissà cosa ancora. Povero Girolamo come farà adesso?”
Mentre il medico esaminava il corpo, continuava a cadere una pioggia fortissima tanto che nemmeno i due ombrelli tesi a riparare la morta, cioè il morto e il dottore, riuscivano a mitigare quel fiume che cadeva diritto dal cielo.
- Un colpo, un solo colpo, in pieno petto, probabilmente sparato da un fucile di grosso calibro, però presenta altre ferite che possono aver concorso al decesso. Appena potrò fare l’autopsia, sarò più preciso.
Lopulo udendo quelle parole sbiancò in volto.
“Autopsia? Allora si doveva avvisare anche il tribunale, occorrevano permessi, carte e contro carte. Povero Girolamo… addio al pingpong. Forse doveva avvisare il farmacista che la partita è da rimandare a data da precisare.”
- Brigadiere… io questo l’ho già visto!
La voce femminile arrivava dalle spalle del vice ed era quella di Giuseppa Chiusa, moglie di Pinuccio Sacco, che era venuta a vedere il fattaccio. Una pettegola delle peggiori del paese, curiosa e cattiva, ma al Lopulo sembrò la voce dell’arcangelo Gabriele, che veniva in suo aiuto.
- Chi è? Chi era il morto?
- Beppe, quello che guidava il camioncino che, una volta il mese, viene su in paese al mercato a vedere biancheria da donna.
- Ora, che lo vedo meglio, è vero! Lo riconosco anch’io.
Quasi gridò il Gaeta che reggeva l’ombrello e tremava, ma non dalla tensione per il fattaccio o dal freddo ma perché gli scappava da pisciare, da almeno tre ore e non aveva ancora trovato il coraggio di allontanarsi dalla scena del crimine.
- Benissimo Brigadiere, come vede, è già riuscito a sbrogliare il primo nodo, adesso sono certo che, con le mie indicazioni mediche e la sua mente brillante, potrà mettere a posto tutti i tasselli che compongono questo mistero.
Il medico premeva perché Girolamo non passasse l’indagine al comando, in modo che l’autopsia, che oramai era inevitabile, restasse di sua competenza.
“Parla bene lui… adesso Girolamo ha il nome del morto ma il cognome? Come si può fare?”
Gaetano si avvicinò con discrezione al Lopulo e disse:
- Brigadiere mi posso allontanare solo un momento? Ho una necessità assolutamente impellentissima!
Lopulo guardò storto il sottoposto, scosse la testa in segno di negazione e ordinò di aiutare il dottore e Pinuccio a mettere il cadavere nel vano posteriore della campagnola.
Una volta saliti, sul mezzo dell’arma, il medico tirò fuori dalla giacca zolfanelli e sigari, mentre Girolamo che era alla guida esclamò:
- So bene io… chi possiede un fucile di grosso calibro.
Dal sedile posteriore rispose Gaetano.
- Orso! Sì Orso possiede un fucile di grosso calibro, è un violento e poi …
- Hai ragione Gaeta! Proprio l’Orso e poi frequenta sempre il mercato.
Il medico armeggiava con gli zolfanelli cercando di ripararsi dall’acqua che sempre più copiosa cadeva dal tettuccio.
- Chi è quest’Orso?
- Polacchi Luigi, di anni trenta, celibe, contadino, in realtà sfaccendato e dicono depravato.
Precisa Gaetano, mentre la pioggia s’infittisce e iniziano a brillare nel cielo dei lampi.
- Omosessuale?
Chiese il medico e Gaetano, timidamente, rispose.
- Dottore non so se è omo … omosale ma molti dicono che non gli piacciono le donne.
La campagnola, grazie alla lunga discesa che portava al ponte, procedeva spedita e forse aveva preso troppa velocità.
- Brigadiere! Brigadiere ma quello laggiù, che attraversa il ponte in bicicletta, non è proprio il Polacchi?
- Sì è lui, almeno mi sembra con questa pioggia non si vede bene .
Poi, un dei tanti fulmini, illuminò a giorno il ponte e fu chiaro che si trattava proprio dell’Orso.
Il medico sempre intento ad accendersi il mezzo toscano esultò.
- Bravo brigadiere! Lupus in Fabula.
- No! Non Lupo … Orso anche se sempre di bestia feroce si tratta.
Rispose Lopulo, che preso dalla foga, accelerò per raggiungere il sospetto.
Il medico finalmente riuscì ad accendersi il sigaro, perché il tettuccio sembrava non perdere più, ma fu solo l’attimo prima della fine, la tela si lacerò e una secchiata di acqua gelida colpì Girolamo in faccia.
Il vice brigadiere perse il controllo del mezzo che sbandò paurosamente finendo nel fosso al lato della strada. Nella disgrazia, quasi una fortuna perché, ancora pochi metri e la campagnola, con i suoi trasportati, avrebbe imboccato il ponte che, sotto l’impeto del torrente trasformato in un fiume di fango e detriti, era crollato proprio un attimo prima. Un minuto dopo che Polacchi era riuscito a passare in salvo sull’altra sponda. L’impatto spalancò il portellone posteriore, che chiudeva male a causa della serratura rotta da qualche tempo, che il maresciallo Tambone Tazio non aveva fatto riparare per: “Non chiedere i soldi al comando in momenti così difficili .”
Il cadavere, sotto gli occhi increduli dei tre, scivolò inesorabilmente fuori e poi ancora giù per la viscida scarpata lambita dalle onde.
Un attimo e il morto scomparve tra i flutti che velocissimi correvano verso valle.
Tutti scesero dal mezzo doloranti ma illesi, il medico guardando il ponte crollato esclamò:
- Adesso capisco perché il nome di Ponterotto ... nel nome il destino.
Il brigadiere guardò di là dal ponte l’Orso che oramai era lontano.
- Destino? No! Sfortuna, non destino dottore, questa è vera sfortuna quasi lo avevamo preso.
- Oramai è tutto inutile! Troveranno il cadavere alla piccola chiusa di Pianogelato.
Sentenziò il medico che si era visto sfuggire dalle mani l’autopsia tanto desiderata!
- Sarò messo sotto processo per perdita di cadavere, era la prova del delitto!
- Che cosa dice brigadiere è stato un incidente, causato da questa pioggia maledetta e poi ha ben due testimoni. Vero Gaeta?... Gaeta! Dov’è il carabiniere?
Gaetano si era allontanato per andare a evacuare, dietro gli alberi sul greto del torrente, ma non era ancora abbastanza lontano da non poter rispondere al medico e al Brigadiere che lo chiamavano.
- Comandi!
- Dove andavi? Urlò arrabbiato Girolamo.
A fronte del mutismo del Gaeta, il medico si sentì in dovere di difendere il compagno di sventura.
- Volevi forse cercare una via per scendere a fiume e recuperare il cadavere?
Gaetano non rispondeva ma le sue gambe s’intrecciavano e tremavano e questo, per il dottore, era una conferma.
- Bravo! Solerte e intraprendente … ma incosciente! Non è possibile… sarebbe un suicidio e poi quello più di così non può morire.
Lopulo guardò meravigliato il carabiniere che, sempre più oppresso dalla vescica stracolma, saltellava.
- No! Gaeta… non fare imprudenze, la colpa è solo mia … ho perso la prova … la prova del delitto.
- Se per questo, anch’io come medico, non faccio una gran bella figura a essermi perso il paziente… si insomma quello lì.
- E’ stato un incidente.
Con un filo di voce sussurrò Gaetano, mentre sentì che oramai non aveva più freno allo stimolo.
Si mise a correre, per liberarsi finalmente dal bisogno, mentre, gli altri due, lo inseguivano urlando disperati, sotto la pioggia sempre più forte e fredda.
- Fermati ragazzo! Fermati è pericoloso!
- Gaeta non fare pazzie! Fermati! Fermati è un ordine!
Lui sordo alle grida sparì tra gli alberi mentre l’ennesimo fulmine illuminò il cielo.
Un tuono fortissimo e il rumore di legna squarciata. Seguì un gran botto, un grosso ramo precipitò a terra colpendo al capo il Gaeta, che ancora armeggiava con i bottoni della patta dei pantaloni.
Il corpo senza vita cadde a terra e scivolò verso il torrente che, sempre più grosso, erodeva la terra di contenimento prendendo con sè anche il povero Gaetano che sparì, anche lui, tra i flutti.
Il brigadiere, vice, si sentì cadere il mondo addosso.
“Girolamo sei sotto processo per perdita di cadavere, perdita di prove di un delitto, morte di carabiniere affidato alla tua responsabilità, danneggiamento di camionetta di servizio e chissà quali altri reati militari e civili.”
Sconsolato il medico guardava il torrente che ribolliva di schiuma e fango.
- Incredibile… povero giovane speriamo sia morto sul colpo… troveranno anche lui alla piccola chiusa di Pianogelato.
Lopulo incurante della pioggia che gli lavava la faccia e forse nascondeva le lacrime, guardò il medico pensando:
“Chissà sè nel carcere militare si può giocare a pingpong .”
Mentre il medico bisbigliò:
- Chissà sé, una volta recuperati i cadaveri, si potranno sottoporre ancora ad autopsia. Sarebbe la prima autopsia a Ponterotto, fantastico… addirittura una duplice autopsia.
Lopulo, immobile e muto, guardava nel vuoto.
- Brigadiere cosa facciamo?
Il milite si scosse dal torpore, fece il saluto militare, per onorare il compagno scomparso, poi con voce tremante rispose al dottore.
- Per tornare in paese abbiamo una sola possibilità, il sentiero che porta al vecchio ponte.
- E’ una pazzia! La stradina costeggia il torrente, probabilmente, in parte è già crollata.
- Devo tornare al più presto ho già troppi guai, devo arrestare Polacchi Luigi, inoltre ci manca che il maresciallo, del comando, pensi che io non voglia riferire, prontamente, quanto scoperto.
- Via brigadiere… sapere che la morta era un uomo e si chiamava Beppe, forse ucciso da un Orso per motivi di lite a sfondo sessuale, non è così urgente. Inoltre il paese è isolato e dove potrebbe scappare Polacchi?
- Per sentieri di montagna può andare lontano, molto lontano. No! Non voglio farmi sfuggire il colpevole. Vado!
Sconsolato il medico lo seguì, cercando inutilmente di accendersi un mezzo toscano, coprendosi la faccia con il cappello che grondava pioggia.
Alla piccola chiusa di Pianogelato, dopo alcuni giorni, furono trovati i cadaveri di cinque persone: il carabiniere Gaetano Gaeta, il contadino Pinuccio Sacco e la di lui moglie Giuseppa Chiusa in Sacco, il Brigadiere Girolamo Lopulo e il dottor Luca Veroni. Gli ultimi due scivolati a fiume lungo il periglioso tentativo di ritornare in paese. I coniugi, invece, spazzati via dalla furia del torrente mentre tornavano con la loro auto, caduti giù nelle acque perché non avevano visto che il ponte era crollato, intenti a chiedersi perché, il brigadiere Lopulo, aveva abbandonato la campagnola nel fosso al bordo della strada.
Il maresciallo Tambone, al suo rientro stese il verbale sull’accaduto:
Il vice brigadiere Lopulo Girolamo era stato chiamato telefonicamente dal contadino Pinuccio Sacco perché a suo dire, in un campo di proprietà dello stesso, vi era il cadavere di una donna. Prontamente il vice brigadiere Lopulo Girolamo e il carabiniere Gaeta Gaetano, incuranti della forte pioggia che interessava la zona, si misero in azione. Spinti dal più alto senso del dovere e da indubbia iniziativa, passarono prima a prendere il medico condotto, dottor Veroni Luca, che, nel caso si trattasse veramente di efferato delitto, avrebbe provveduto all’esame del cadavere e redigere il certificato di morte. Il dottor Veroni Luca, incurante del tempo avverso, mosso da impeto altruistico e animato dal giuramento di Ippocrate immediatamente si rese disponibile a seguire i due militi. Purtroppo e probabilmente, non si trattava di cadavere, mancando il corpo del reato, i tre decisero di rientrare in paese, incuranti della pioggia che da lì a poco avrebbe reso impraticabile la strada. Lo improvviso crollo del ponte colse di sorpresa il vice brigadiere Lopulo Girolamo che era alla guida dell’ottimo mezzo dell’arma. Sorpresa che non impedì al vice brigadiere Lopulo Girolamo, di compiere manovra spericolata, ma risolutiva, per non cadere nel fiume. I tre, sempre più compresi nel loro senso del dovere, decisero di raggiungere al più presto il paese per portare aiuto alla popolazione che, oramai, si trovava isolata dal resto della nazione. Il loro tentativo, eroico, li portava a scivolare nelle acque impetuose e a essere rapidamente travolti dai flutti. Stessa fine avevano fatto i coniugi Pinuccio Sacco e Giuseppa Chiusa in Sacco, caduti con la loro auto dal ponte, nonostante il vice brigadiere Lopulo Girolamo avesse Lasciato l’auto di servizio bene in vista per avvisare del pericolo che rappresentava il crollo del ponte suddetto.
Questo racconto è stato premiato al Premio letterario Nazionale Giovane Holden e al Premio Letterario Internazionale Marchesato di Ceva.